Dal Cuore delle Dolomiti
Agordino Dolomiti
L'Agordino e la Grande Guerra

L'Agordino e la Grande Guerra

Agordino Dolomiti

La Grande Guerra nelle Dolomiti

Sunto delle vicende belliche della Prima Guerra Mondiale

 

 

Con l’inasprirsi delle relazioni diplomatiche fra gli Stati Europei, a partire dalla fine del XIX Secolo il Regno d’Italia da un lato e le potenze Austro-Ungheria e Impero Tedesco dall’altra, seppur formalmente alleate, iniziarono a potenziare le linee difensive situate sui confini nazionali.

L’Agordino, lo Zoldano, l’Apezzano, da sempre terre di confine fra il blocco italiano-veneziano e tirolese-austroungarico furono quindi oggetto di pesanti investimenti bellici volti a ritardare o arrestare le potenziali aggressioni dei vicini.

 

La Grande Guerra nelle Dolomiti
Ciò che rimane della Casermetta di Forcella Moschesin

Il Regno d’Italia individuò tre linee difensive principali: una Linea Rossa di rallentamento delle invasioni che si trovava a ridosso del confine nazionale; una Linea Azzurra o linea di resistenza arretrata ed una Linea Gialla di massima resistenza, oltre la quale gli attacchi non dovevano assolutamente passare. L’Agordino (così come lo Zoldano e l’Ampezzano) venne pesantemente armato nell’ottica di costituire la Linea Gialla o Sbarramento Cordevole di massima resistenza, spendendo quindi ingenti risorse nell’armamento del fronte. La Linea Gialla si originava da Cima Caldiera sui Sette Comuni (Provincia di Vicenza) e arrivava a Casera Razzo a Vigo di Cadore, interessando quindi Agordino, Zoldano e Ampezzano.

In Agordino, lo sbarramento della Linea Gialla coinvolse Castel Gordino (Tagliata di San Martino), Batteria Listolade (Forte di Peden), la Casermetta di Forcella Moschesin a cavallo tra Agordino e Val di Zoldo. Forti e linee fortificate che sono ancora visibili e visitabili seppur pressoché abbandonati dalla promozione turistica locale.

La Grande Guerra nelle Dolomiti
Resti della Batteria Listolade a Taibon Agordino

Sul versante opposto, intanto, Austro-Ungheria e Germania fecero lo stesso. I Forti di Ruaz e La Corte a Livinallongo vennero predisposti per la prima linea; le postazioni del Col di Lana, del Settsass e del Passo Valparola come posizioni di seconda linea.

Dolomiti Grande Guerra
Forte La Corte

 

L’Agordino in prima linea: lo scoppio del conflitto nelle Dolomiti

 

Livinallongo, oggi in Agordino ma al tempo parte del Tirolo (e quindi dell’Impero Austro-Ungarico), entrò nella Grande Guerra un anno prima del Regno d’Italia; a partire dal 31 Luglio 1914 infatti anche i Fodomi contribuirono, come tutti i tirolesi, a rimpolpare le fila dell’esercito austro-ungarico impegnato nel fronte balcanico contro la Serbia, pagandone il loro tributo di sangue.

A partire dalla dichiarazione di guerra del Regno d’Italia (24 Maggio 1915), la Prima Guerra Mondiale instaurò nel Cuore delle Dolomiti uno dei più sanguinosi fronti dell’intero conflitto tra gli eserciti del Regno d’Italia e dell’Impero Austro-Ungarico; le due milizie si contendevano il controllo della zona combattendo aspramente ed in condizioni proibitive lungo una linea che si estendeva dalla Marmolada al Lagazuoi (la succitata “Linea Gialla”), passando per Mesola, il Padon, Foppa, Col di Roda, Sief, Col di Lana, Setsass e il Sass de Stria. A partire dalla fine del Maggio 1915, le truppe dell’esercito italiano aggredirono la parte meridionale della regione del Tirolo (il Welschtirol) partendo da Caprile ed occupando Colle Santa Lucia (denominato al tempo Puchberg o Wersil), la zona del Monte Pore, Larzonei, Andraz, Collaz, Foram, Salesei e Pieve (ovvero Buchenstein, l’attuale Livinallongo del Col di Lana). Il comando austriaco a Livinallongo ordinò l’immediata evacuazione dell’area e provvide allo spostamento del monumento dedicato all’eroina locale Kathatrina Lanz presso il cimitero di Corvara. La popolazione austriaca sul territorio ormai occupato dalle truppe italiane riparò invece a Colle Santa Lucia o fu spostata forzatamente in altre regioni italiane.

Grande Guerra Dolomiti
Statua di Katharina Lanz in piazza a Pieve

La risposta austriaca all’aggressione non si fece attendere; dal forte La Corte, le truppe asburgiche bombardarono la parte occupata massicciamente (Pieve venne bombardata dal 17 agosto del 1915 e ridotta ad un cumulo di macerie in un mese). Nelle fasi successive del conflitto, il forte venne abbandonato e la linea si spostò sul Col di Lana dove si combatté aspramente per mesi, in maniera talmente sanguinosa da non trovare raffronto negli altri fronti dolomitici; l’immensa detonazione del rilievo ad opera degli artificieri italiani (17 aprile 1916) che ancora squarcia la cima del Col di Lana decimò le truppe austriache (si parla di centinaia di morti) e permise alle truppe italiane di catturare moltissimi prigionieri di guerra. Ogni sforzo aggressivo da parte italiana fu comunque vanificato da Caporetto (ottobre 1917), quando la linea bellica fu spostata più a sud e le Dolomiti lasciate all’Austro-Ungheria.

Trincee della Grande Guerra sul Col di Lana
Prima Guerra Mondiale nelle Dolomiti
Gigantesco cratere di mina austriaca sul Sief

 

L’esodo dei Fodomi

 

Accanto alle vicende legate alla guerra prettamente “combattuta” è doverosa una menzione alle angherie del tempo di guerra che furono costrette a patire le popolazioni civili; nel caso di Livinallongo, alle “normali” atrocità che ogni conflitto porta con sè si aggiunsero fattori che resero ancora più drammatica la situazione e che segnarono profondamente le genti ladine della Valle di Fodom.

Quando il 7 Luglio 1915 le truppe regie iniziarono ad aggredire Livinallongo da sud (ed a bombardare la zona), i Fodomi si mostrarono, com’è comprensibile, restii ad abbandonare la propria valle malgrado gli appelli per tempo delle autorità austro-ungariche, tant’è che molti di loro si trovarono di punto in bianco sulla caldissima linea del fronte italiano-austroungarico avendo ritardato l’evacuazione fino all’ultimo momento.

Chi potè fu evacuato velocemente dai soldati austriaci e spedito a piedi o in treno nel cuore del territorio austriaco; l’avanzata italiana impedì invece agli abitanti della parte meridionale della valle di Fodom di riparare in partia (ovvero in Tirolo); queste persone furono condotte quindi in territorio italiano come profughi di guerra, e distribuiti sulla Penisola. Alla già drammatica situazione dovuta alla guerra si aggiunse quindi l’esodo dei Fodomi, divisi in due nazioni nemiche fra loro, ed ulteriormente divisi in gruppi nei paesi di destinazione e sottoposti a costante sorveglianza per individuare potenziali spie tra loro. La partenza frettolosa, la guerra e la mancanza di organizzazione fecero si che quest’esodo fosse disseminato di morti per fame e malattie: i più deboli dovettero presto soccombere alle fatiche di una vera e propria deportazione, sia in territorio austriaco che in quello italiano.

I Fodomi, separati dalla guerra, dovettero presto affrontare i problemi derivanti dall’essere profughi sia nella Madrepatria che in Italia; l’intolleranza per i nuovi arrivati si fece particolarmente drammatica nel 1917, quando la terribile carenza alimentare spinse le comunità a chiudersi in sé stesse ed ad individuare nel diverso, nello straniero, un pericolo. Nonostante i tanti momenti bui e la difficoltà di integrarsi in un ambiente completamente diverso (i Fodomi, anche se tirolesi, non parlavano infatti il tedesco, lingua ufficiale dell’Impero, ma il ladino, a base latina e molto simile all’italiano, e dovettero quindi provvedere ad apprendere velocemente il tedesco), i profughi Fodomi ricevettero fortunatamente anche un grande aiuto da parte delle popolazioni ospitanti sia in Italia che in Austro-Ungheria; si tratta di splendidi esempi di umanità che aiutano a comprendere come la guerra sia una sventura per entrambe le parti in gioco ed uno strumento di risoluzione delle dispute assolutamente da evitare e da condannare.

Grande Guerra nelle Dolomiti
Monumento ai Caduti della Grande Guerra sul Col di Lana

 

La Guerra in Marmolada e la Città di Ghiaccio

 

Celebre e impressionante è la storia della Città di Ghiaccio costruita da Kaiserjäger e Alpenschützen tra i ghiacci del Ghiacciaio della Marmolada. La Eisstadt, inziata nel 1916, custodiva dal fuoco italiano una guarnigione di 300 effettivi austriaci e tedeschi con un sistema di tunnel scavati nel ghiaccio della lunghezza di 12 chilometri.

Benchè il quantitativo di soldati impiegati nella guerra in Marmolada sia stato da ambo le parti molto inferiore rispetto ad altre importanti campagne militari della Grande Guerra 1915-1918, la guerra in Marmolada si caratterizzò fin da subito per le condizioni estreme in cui i soldati furono costretti a combattere: freddo (anche -40° C in inverno), fame, valanghe, frane, fulmini e tormente si aggiungevano a tutti i pericoli di ogni guerra, ed ancora di più di una guerra di posizione come fu la Prima Guerra Mondiale (il 13 Dicembre 1916 una valanga enorme sommerse oltre 300 soldati austriaci arroccati nelle loro postazioni; nello stesso inverno, le perdite italiane per le valanghe furono oltre 200).

Conquistare e mantenere il controllo sui punti sensibili della Marmolada (picchi, valichi, forcelle) che permettessero di ottenere la supremazia sul nemico divenne la priorità dei due eserciti, e per ottenere questo obiettivo fondamentale ci fu chi si lanciò in piani ambiziosi ed all’apparenza assurdi: ad esempio il Maggiore Peppino Garibaldi, nipote di Giuseppe l’Eroe dei Due Mondi, pensò persino di planare con il contingente italiano sul nemico per mezzo di un pallone aerostatico dopo aver risalito la parete sud della Marmolada dalla Val Ombretta; e la cosa assurda fu che realmente gli fu consegnato il materiale per realizzare il pallone, anche se l’idea venne da subito abbandonata.

Agli austriaci premeva di riuscire a garantirsi il continuo rifornimento di armi e viveri di cui i soldati necessitavano attraverso la celebre “Forcella V” della Marmolada; il trasporto dei rifornimenti infatti veniva svolto per lo più da prigionieri russi sorvegliati da pochi soldati austriaci, i quali, sottoposti a marce estenuanti, ai pericoli della Marmolada ed al fuoco italiano morivano facilmente; per ovviare a questa pericolosa situazione, il Tenente Leo Handl, comandante della Compagnia Begführer e uomo di grande ingegno e coraggio, appena arrivato in Marmolada nel 1916 cominciò a concepire un’idea grandiosa e folle: la costruzione della “Città di Ghiaccio” [die Eisstadt]. Un complesso insieme di gallerie e passaggi scavati nel Ghiacciaio della Marmolada avrebbe consentito agli approvvigionamenti di raggiungere il fronte senza esporsi ai pericoli della superficie; le gallerie, 2,5 metri di larghezza e 2 metri d’altezza, vennero scavate a mano dai soldati austriaci procedendo ad una velocità di 6 metri al giorno, in alcuni punti toccando anche i 50 metri di profondità dalla superficie; i lavori procedettero così spediti che l’opera fu pronta per la primavera del 1917.

La complessità della Città di Ghiaccio era invidiabile: nella fortezza ghiacciata erano presenti alloggi per centinaia di soldati, cucine, ricoveri, sale ufficiali, magazzini, bunker, postazioni per armamenti pesanti ed addirittura un macchinoso sistema di decompressione che rallentava la corrente d’aria lungo le gallerie che si estendevano su un dislivello di oltre 1000 m. L’esperienza in Marmolada fu così innovativa, che gli austriaci impiegarono le tecniche apprese anche in altri fronti di guerra quali l’Ortles, l’Adamello e la Presena sul Tonale. La Città di Ghiaccio permise all’esercito Austro-Ungarico di preservare le proprie posizioni malgrado l’evidente disparità di mezzi con l’esercito italiano fino alla Disfatta di Caporetto, nel novembre del 1917, quando gli italiani dovettero abbandonare la Marmolada ripiegando a valle.

La complessa opera sparì completamente già nel 1922, inghiottita dai ghiacci della Marmolada, ma il ritiro dei ghiacciai europei ha restituito negli anni scorsi centinaia di reperti, e senza dubbio molti altri sono ancora custoditi nel ghiaccio; molte di queste preziose testimonianze sono custodite nel magnifico Museo Marmolada Grande Guerra 3000M a Punta Serauta.

La Grande Guerra nelle Dolomiti
Sacrario Militare di Pian di Salesei

 

Dopo Caporetto e la fine del conflitto

 

La drammatica Rotta di Caporetto rese di fatto inutili i terribili sacrifici italiani resi nelle Dolomiti e negli altri fronti alpini, come sappiamo ben tutti. L’An de la Fan (o An de la Fam, ovvero “l’Anno della Fame”) è la denominazione che rimarrà nella memoria dei Bellunesi di quei mesi di occupazione austroungarica. La Battaglia del Solstizio, combattuta sul Piave nel giugno del 1918, segnerà la fine definitiva della Grande Guerra in suolo italiano.

A partire dalla fine del conflitto, gli esuli Fodom iniziarono a far ritorno a Livinallongo ed iniziarono pazientemente a ricostruire quanto era stato distrutto, ovvero la quasi totalità della Valle di Fodom; la ricostruzione fu sovvenzionata dal Governo Italiano e dal Consorzio Trentino dei comuni “conquistati” o “liberati”. Livinallongo venne ufficialmente annessa alla Provincia di Belluno a partire dal Trattato di San Germano (1923); con decreto mussoliniano, al toponimo della località venne affiancato “del Col di Lana” nel 1933, scelta confermata dalla popolazione di Fodom col referendum del 1983.

Ancora oggi, cimiteri e monumenti alla memoria, spaventosamente imponenti e freddi, ricordano le migliaia di vittime della Grande Guerra: inizialmente costituiti come necropoli improvvisate in tempo di guerra (Pian di Salesei, Andraz, Col di Roda, Valparola, Passo Pordoi), sono divenuti veri e propri simboli della follia della guerra. Nel 1938 fu edificato il Sacrario di Pian di Salesei che contiene i resti di circa 5000 caduti ignoti, 700 noti e 19 soldati austriaci; nel 1935 fu costruita la Cappella del Col di Lana in onore dei caduti italiani; la piazza di Pieve custodisce un monumento con i 135 nomi dei caduti originari di Livinallongo. Ciclicamente si tengono celebrazioni e commemorazioni per i caduti di entrambe le nazioni, Italia ed Austria, col solo scopo di festeggiare la ritrovata pace e promuovere l’amicizia tra le genti delle Dolomiti e del mondo.

 

La Grande Guerra in Agordino

Cosa si può visitare al giorno d’oggi

 

Ad oltre un secolo dalla fine della prima guerra di stampo moderno, sono moltissimi i monumenti, le opere militari e reperti legati alla Grande Guerra che si possono visitare in Agordino.

 

La Grande guerra in Agordino
Chiesetta del Col di Lana

Partendo da nord, quindi dalle linee di combattimento “attivo”, gli ospiti hanno l’occasione unica di visitare luoghi e postazioni simbolo della Prima Guerra Mondiale nelle Dolomiti.

Livinallongo del Col di Lana è il Comune che custodisce la maggior parte delle attrazioni turistiche legate al conflitto. A cominciare dal Col di Lana, la Montagna di Sangue, dove si possono ammirare le postazioni e le trincee austriache, oggetto di recenti opere di conservazione e valorizzazione. Due itinerari escursionistici straordinari presentano al visitatore queste attrazioni, coinvolgendolo direttamente nella dura vita dei soldati al fronte: il Teriol Ladin ed il Sentiero Storico del Col di Lana. Ad entrambi abbiamo dedicato un articolo in passato (clicca qui) e sono esperienze assolutamente indimenticabili non solo per l’innegabile interesse storico ma anche per lo straordinario valore paesaggistico. Sulla cima del Col di Lana sorge la chiesetta dedicata ai Caduti e Dispersi della Prima Guerra Mondiale ed il monumento alle vittime del conflitto.

Prima Guerra Mondiale nelle Dolomiti
Postazione Edelweiss sul Passo Valparola

Si passa poi al Sacrario Militare di Pian di Salesei, vero monumento alla Grande Guerra nelle Dolomiti. Il cimitero memoriale di Salesei, che raccoglie le spoglie sia di soldati Italiani che di Caduti austriaci e tedeschi, è ancora oggi una toccante e brutale testimonianza della ferocia del conflitto e di tutte quelle vite spezzate in nome del nazionalismo e delle logiche di aggressione territoriale, a perenne monito per le generazioni future. Clicca qui per accedere alla pagina dedicata.

Grande Guerra nelle Dolomiti
Sacrario Militare di Pian di Salesei e Monte Civetta

Anche le postazioni belliche della Catena del Padon, a cavallo tra Livinallongo del Col di Lana e Rocca Pietore, sono una straordinaria testimonianza della Grande Guerra nelle Dolomiti. Le postazioni della Mesola (ma basta girare ai piedi delle cime del Padon per trovare tantissime postazioni belliche) sono oggetto della amatissima Ferrata delle Trincee, una delle vie ferrate più praticata in Agordino. La prospiciente Catena del Migogn è anch’essa ricca di gallerie e postazioni di tiro in quota: ne abbiamo visitate alcune in occasione del nostro articolo sull’Alta Via delle Creste (clicca qui).

Grande Guerra in Agordino
Gallerie militari sul Migogn

Sulla Marmolada rimane, ahimè, poco o nulla della Città di Ghiaccio. Il cambiamento climatico ed il naturale lavoro dei ghiacci hanno contribuito nel corso dei decenni alla perdita dell’opera. Tuttavia, foto, testimonianze fisiche e digitali ed interessanti spunti storici sono molto ben rappresentati nello splendido Museo Marmolada Grande Guerra 3000M a Punta Serauta. Questo spazio museale unico, il più alto in Europa (2950 metri) è aperto gratuitamente ai clienti della Funivia Marmolada con l’acquisto del biglietto ed è ospitato presso la stazione intermedia di Punta Serauta. Si tratta di una visita assolutamente consigliata sia agli appassionati di storia che ai semplici visitatori.

A Sottoguda, uno dei Borghi più belli d’Italia, gli ospiti del Cuore delle Dolomiti possono visitare gratuitamente il Centro Multimediale Carlo Delcroix dedicato al veterano e politico italiano ferito proprio in zona. Il centro multimediale è ospitato nello stesso stabile dell’Ufficio Turistico e fornisce una panoramica veramente interessante sulla vita quotidiana dei soldati al fronte.

Sul confine tra l’Agordino e l’Ampezzano, una visita alle gallerie del Lagazuoi è assolutamente da non perdere. Nelle vicinanze, sul Passo Valparola, sorge lo splendido Museo della Grande Guerra al Forte Tre Sassi, un altra straordinaria testimonianza di questo oscuro capitolo della storia Europea. Nelle vicinanze si può visitare la Postazione Edelweiss dell’Austro-Ungheria (da noi visitata in questo articolo > clicca qui) e i camminamenti militari sul Sass de Stria.

La Grande Guerra nelle Dolomiti
Museo del Forte Tre Sassi

Discendendo la valle del Cordevole, troviamo una ricchezza di postazioni incredibili ed ingiustamente sconosciuta ai più. La linea che collega Forcella Moschesin alla Tagliata di San Martino e che risale il Sasso di San Martino sui Monti del Sole è ricchissima di gallerie, camminamenti, nicchie, trincee e naturalmente dei due forti succitati, recuperati per scopi bellici anche dalla Germania nazista tramite l’organizzazione TODT. Tutte queste attrazioni (e quelle minerarie, ndr) sono collegate dallo splendido Sentiero Tematico La Montagna Dimenticata, da noi trattato completamente in una serie di articoli (clicca qui per leggere il primo della serie).

La Grande Guerra nelle Dolomiti
Forte della Tagliata di San Martino

Si può visitare inoltre anche la Batteria Listolade a Peden (Taibon Agordino), che rimane fuori per questioni di distanza dal sentiero tematico. Questa attrazione è però stata descritta da noi qui.

Prima Guerra Mondiale nelle Dolomiti
Fortino scavato nella roccia sul Monte Celo (La Montagna Dimenticata)

 

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