Monte Pelmo
Il Trono di Dio
Il Monte Pelmo (3186 metri s.l.m.) è senza alcun dubbio una tra le più famose e facilmente riconoscibili tra le cime delle Dolomiti Patrimonio Naturale dell’Umanità UNESCO.Maestoso ed imponente da qualunque direzione lo si ammiri, il Pelmo è capace di affascinare ed attirare l’osservatore con tutta l’imponenza e la maestosità di cui le Dolomiti sono capaci.
Per quanto riguarda la classificazione dei beni Dolomiti UNESCO, il Monte Pelmo rientra nel primo dei 9 sistemi ufficiali riconosciuti e tutelati dalla Fondazione Dolomiti UNESCO (ossia il sistema numero 1 Pelmo – Croda da Lago).
Secondo invece la Classificazione Internazionale delle Alpi SOIUSA, il Pelmo appartiene al Gruppo del Pelmo ed al Supergruppo delle Dolomiti Settentrionali di Zoldo, mentre la contigua Croda da Lago rientra nel Gruppo Croda da Lago – Cernera nel Supergruppo Dolomiti Ampezzane.
Situato interamente in territorio della Provincia di Belluno, a cavallo tra le aree dell’Agordino, della Val di Zoldo, del Cadore e della Val Boite, il Pelmo è uno dei più forti rappresentanti delle Dolomiti Bellunesi. Conosciuto nei vari dialetti bellunesi come Pelf, Pelego o semplicemente Pelmo (nome che prevale sul versante Agordino), il Monte Pelmo è noto anche con il soprannome di “Caregòn del Padreterno“, ossia “Trono di Dio“, per la sua forma imponente, compatta e massiccia. Si tratta di un caso quasi unico nel panorama delle Dolomiti UNESCO, montagne solitamente molto lavorate dagli agenti climatici e territorialmente estese; con la sua forma imponente, il Pelmo si erge, monolitico e meraviglioso, protagonista del paesaggio.
Scrive Sir John Ball nella sua “A Guide to the Eastern Alps” del 1868:
“Da qualsiasi lato si veda, ma soprattutto da E. e S., si presenta come un gigantesco fortilizio dall’architettura più massiccia, non frastagliato in minareti e pinnacoli, come la maggior parte dei suoi rivali, ma semplicemente difeso da enormi opere bastionate, le cui pareti in molti punti cadono a strapiombo a più di 2.000 piedi. La somiglianza con la muratura è molto accresciuta dal fatto che, in gran parte, gli strati si trovano in corsi quasi orizzontali, e quindi accade che molte delle pareti più ripide della montagna sono attraversate da cenge abbastanza larghe da dare il passaggio ai camosci e ai loro inseguitori.”
Il Pelmo vero e proprio si affianca al Pelmetto, cima dello stesso gruppo con un’altezza ragguardevole di 2990 metri; Pelmo e Pelmetto sono separati da una forcella chiamata Fessura (o Fisura in zoldano). Con la sua figura compatta, il Pelmo degrada verso il Cadore con le estensioni minori (le Crode di Forca Rossa e delle Cime di Val d’Arcia).
Il Trono di Dio è assunto come simbolo sia della Val Fiorentina che della contigua Val di Zoldo; in entrambe le valli, le varie facce del Pelmo non mancano di suscitare forti emozioni, soprattutto al tramonto, quando l’enrosadira tinge delle sue tinte infuocate il massiccio.


Si tratta senza alcun dubbio di uno dei gruppi montuosi più suggestivi, famosi e frequentati delle Dolomiti Patrimonio UNESCO, con paesaggi superbi immortalati ormai talmente tante volte da essere collegati automaticamente al nome Dolomiti (si pensi ad esempio alla zona di Mondeval o del Passo Staulanza).

Non a caso, il Monte Pelmo fu tra le prime cime ad essere affrontato alpinisticamente in epoca moderna dai primi esploratori delle Dolomiti e la prima ad essere conquistata; l’impresa della prima salita alla cima si deve all naturalista irlandese e grande appassionato di alpinismo John Ball (1818 – 1889), che salì per primo in vetta al Pelmo, montagna che lo aveva da subito affascinato più le altre cime delle Dolomiti. Ball, accompagnato da una guida locale, conquistò la vetta del Pelmo nel 1857 attraverso il passaggio che sarà da allora comunemente noto come Cengia di Ball. L’alpinista, che era anche naturalista e scienziato, spese molte belle parole per descrivere l’unicità delle Dolomiti, sottolineandone l’imponenza, la frammentarietà innaturale e la differenza geologica che rendono unici i Monti Pallidi.


Nel XX Secolo, il Monte Pelmo fu oggetto di spettacolari imprese alpinistiche, tra cui ricordiamo la direttissima sud-ovest del 1977 ad opera degli alpinisti italiani Bee, Miotto e Groaz. Le vie di arrampicata sul Pelmo sono piuttosto dure e riservate ad arrampicatori esperti e preparati.
L’ascesa alpinistica più praticata al giorno d’oggi invece è la Via Normale che transita nella sopracitata Cengia di Ball; è comunque una proposta molto impegnativa che richiede un buon livello di preparazione fisica, attrezzatura da montagna e ottima conoscenza dell’ambiente alpino e delle ferrate; chi voglia comunque ascendere alla vetta del Pelmo con poca esperienza e conoscenza della zona può affidarsi comunque alle Guide Alpine presenti in loco; la Normale al Pelmo è molto popolare tra le Guide delle Dolomiti e molti professionisti della montagna la offrono nel loro catalogo di esperienze.
Per gli amanti delle Dolomiti escursionistiche, il Pelmo ha molto da offrire: a cominciate dal giro attorno al massiccio, sul cui percorso transita la famosa gara di corsa in montagna Transpelmo, fino ad arrivare alle varie escursioni che ne lambiscono la base. Pratici punti di avvicinamento escursionistico al rilievo sono , ad esempio il Passo Staulanza (dalla base e dalla sommità del passo) e Palafavera e Coi in Val di Zoldo.


Di grande interesse storico, oltre che escursionistico, è la salita a Mondeval dal villaggio di Toffol nel Comune di Selva di Cadore; questa escursione permette di lambire il sito neolitico di Mandriz ed il luogo di sepoltura dell’Om de Mondeval, entrambi scoperte dell’esploratore di Selva Vittorino Cazzetta. Per approfondire, potete leggere il nostro articolo dedicato (clicca qui).
Il ritrovamento dell’Om de Mondeval (o Valmo, come è stato ribattezzato di recente) costituisce un importante fatto storico che testimonia come le Dolomiti ed in particolar modo le pendici del Pelmo fossero abitate dall’uomo addirittura in Età Neolitica (la datazione stimata della salma del cacciatore-raccoglitore di Mondeval è il 5500 a.C.). E guardando il panorama da lassù, viene spontaneo provare una certa empatia con (e simpatia per) i nostri lontani antenati per la loro scelta, magari non comodissima ma molto romantica, di vivere in questi luoghi meravigliosi. La salma di Valmo e il suo corredo funebre, recuperato dagli archeologi dell’Università di Padova, assieme a molte interessanti ricostruzioni e informazioni geologiche sono disponibili presso il Museo Civico della Val Fiorentina a Selva di Cadore, uno spazio museale assolutamente da visitare.


Salendo da Palafavera o da Selva di Cadore, un’altra amatissima attrazione sono le circa 200 impronte di dinosauro presenti sulla famosa roccia a ridosso del Pelmetto, anch’esse scoperte e valorizzate da Vittorino Cazzetta. Un calco della roccia (così come la salma dell’Om de Mondeval e il suo corredo funebre) è anche custodito presso il Museo Civico della Val Fiorentina “Vittorino Cazzetta” a Selva di Cadore, uno spazio mussale che merita sicuramente una visita accurata.

Il Pelmo è interessato dal passaggio della famosissima Alta Via delle Dolomiti n. 1 Braies – Belluno ed è circondato da tre rifugi che sono anche pratici punti d’appoggio per gli escursionisti che transitano per questi luoghi simbolo delle Dolomiti: il Rifugio Passo Staulanza, sull’omonimo passo; il Rifugio Venezia (il più pratico per chi percorre l’Alta Via) e il Rifugio Città di Fiume a Selva di Cadore. I sentieri di accesso sono ben segnalati dal CAI e generalmente molto ben curati ed accessibili.