
Salita a Cima Pape
Escursione Bogo – Cima Pape – Campedel – Bogo
Una Giornata a Cencenighe Agordino | Dolomiti Patrimonio Naturale dell’Umanità UNESCO
by agordinodolomiti.it
In aggiunta alla splendida terrazza panoramica naturale sulle Dolomiti Patrimonio Naturale dell’Umanità UNESCO costituita da Cima Sasso Bianco (da noi visitata in un recente articolo – clicca qui), un altro eccellente punto d’osservazione sulle tantissimissime vette delle Dolomiti situate in territorio bellunese (dove si tovano la maggior parte delle Dolomiti), trentino e altoatesino è rappresentato da Cima Pape [Zima Pape o Sansòn in dialetto agordino], monte situato tra i Comuni agordini di Canale d’Agordo e Cencenighe Agordino. Il Monte Pape è una svettante montagna di origine vulcanica (analogamente, ad esempio, al Col di Lana e parte della celebre Piattaforma Porfirico Atesina, colata lavica che attraversa le Dolomiti) situata alla destra idrografica del Torrente Biois nella bassa Val Biois che funge per un tratto da confine naturale tra Canale d’Agordo e Cencenighe Agordino: Cima Pape (2503 metri d’altitudine), la vetta del Monte Pape, può essere raggiunta a piedi sia da Cencenighe Agordino che dalla Valle di Gares nel Comune di Canale d’Agordo. Nell’articolo di questa settimana vi raccontiamo della nostra escursione a Cima Pape con partenza dalla suggestiva frazione di Bogo a Cencenighe Agordino, promettendo di integrarla presto con la variante che sale da Canale d’Agordo.
Alla ricerca di un itinerario escursionistico che non fosse troppo scontato, ma che al contempo permettesse di osservare al meglio dall’alto lo sterminato partimonio naturale dell’Agordino, il Cuore delle Dolomiti, avevamo già da tempo in mente di salire nuovamente a Cima Pape; il traffico della settimana di Ferragosto (che ovviamente ci fa piacere in quanto significa che la nostra zona è veramente apprezzata anche come meta ferragostana) ci ha spinti però a scegliere come punto di partenza Cencenighe Agordino invece che la Valle di Gares, più facilmente raggiungibile da tutti i membri della nostra piccola combriccola. Raggiunta quindi la panoramica frazione di Bogo nel Comune di Cencenighe Agordino, parcheggiamo l’auto ed incominciamo a seguire le numerose indicazioni per Cima Pape. Piccola nota: presso il parcheggio di Bogo è stata collocata una nuova tabella informativa relativa al trekking plurigiornaliero in quota noto come Alta Via dei Pastori: ricordatevi questo nome perchè avremmo modo di parlarne sia più aventi in questo articolo che, sicuramente, in molti dei successivi.
Da Bogo risaliamo verso la frazione di Chioit (‘Ciòit’ in dialetto locale), piccolo agglomerato di abitazioni rustiche e tipici fienili delle Dolomiti (i Tabià, numerosissimi in Agordino); già qui abbiamo modo di scaldare i muscoli delle gambe perchè la salita a Chioit si presenta da subito bella marcata. Raggiunta la piccola piazzetta di Chioit sostiamo brevemente tra le abitazioni della frazione ammirando una delle caratteristiche più note di Cencenighe Agordino: le pietre intagliate. In passato, gli abitanti di Cencenighe Agordino non avevano a disposizione molta terra da dedicare alla coltivazione: il corso del Cordevole nei pressi del fondovalle ha infatti scavato nei millenni una gola profonda, scarsamente soleggiata e priva di spazi pianeggianti, per di più spazzata ciclicamente da potenti alluvioni; i declivi ai piedi delle montagne sono inoltre tanto inclinati che anche con il metodo della coltivazione su terrazzamenti il raccolto non era comunque sufficiente a mantenere che poche famiglie. Per sopperire alle mancanze del territorio, gli abitanti di Cencenighe si specializzarono a partire dal Medioevo nel taglio della pietra: la materia prima era attinta da più cave, la principale delle quali si trova in località Mesaroz [Mesaròth], poco lontano da Chioit, oggi rinomata meta degli appassionati di arrampicata sportiva. Gli Scalpellini di Cencenighe Agordino si dedicarono all’intaglio della pietra con molteplici finalità: dall’edilizia (esempi di questo impiego sono visibili nelle innumerevoli frazioni tra le quali Chioit; venivano intagliati architravi di porte e finestre, lastre per la pavimentazione e fontane, come la fontana di Chioit) all’arte (le statue degli Scalpellini di Cencenighe sono quelle che oggi ornano i cancelli della Villa Crotta – De’ Manzoni di Agordo). All’antica attività del tagliapietre, oggi completamente scomparsa con l’avvento dell’industrializzazione, è dedicato anche un museo a cielo aperto collocato nei pressi del Nof Filò, nel centro di Cencenighe Agordino.
Da Chioit seguiamo le indicazioni per Cima Pape che non scarseggiano mai; in loco troviamo anche una nuova strada sterrata, comoda e ampia, che volendo ci conduce a Malga Campedel. Sia che si prosegua per la sterrata che si prendano sentieri paralleli, la strada è ben segnalata ed, almeno in questo tratto, alla portata di ogni buon camminatore. Compaiono man mano che saliamo, parallelamente ai segnavia CAI, anche i cartelli della succitata Alta Via dei Pastori: questi ultimi risultano particolarmente inutili poichè, benché forniti di un pannello che indica il toponimo specifico della località in cui sono installati, sono dotati di segnavia non completi, ovvero sono montate le frecce in larice ma senza scritte che descrivano all’escursionista che destinazione indichino. Inoltre, anche il posizionamento delle stesse è molto discutibile: ci sono cartelli di questa Alta Via posizionati nei pressi di sentieri già ben indicati dal CAI ma a qualche metro dalla via, magari seminascosti da alberi e cespugli. Un lavoro sicuramente incompleto (da anni!!!) e del quale parleremo ancora più avanti.
Saliamo costantemente in quota seguendo le indicazioni CAI; la pendenza è molto marcata, ma ogni sforzo viene ripagato dal panorama sul Pelsa, dietro al quale, man mano che si sale, comincia a spuntare il Civetta e la Moiazza. Mentre risaliamo verso la località Le Tape, il sentiero si fa più difficoltoso: l’itinerario serpeggia sul costone molto pendente di un colle quasi completamente inghiottito dalla selva. Erba alta e arbusti rendono veramente difficile camminare, e il rischio di scivolare per diversi metri a valle si fa sempre più incombente. Per superare questo tratto abbiamo dovuto impiegare la massima attenzione, quasi si trattasse di un punto critico di una ferrata: in montagna sottovalutare i pericoli è sempre da evitare, ed in un attimo, complice la disattenzione o un comprensibile errore, ci si può fare davvero male. Questo pezzo di sentiero alza decisamente il livello di difficoltà dell’escursione: auspichiamo che il CAI, ente che dovrebbe prendersi cura di questa via, provveda prossimamente a sistemare questo tratto che è veramente impegnativo e pericoloso, quando basterebbero un paio di giornate di manutenzione per renderlo sicuro ed accessibile; i fondi certamente scarseggiano, ma non mancano gli enti e le persone alle quali chiedere aiuto, se l’obiettivo è quello di tenere aperti e funzionanti i nostri splendidi sentieri.
Superato questo tratto difficile, riprendiamo fiato in località Le Tape; qui ammiriamo mentre mangiamo qualcosa il nostro obiettivo: la croce posta sulla sommità del Pape, molti metri sopra di noi. Ripartiti dopo la merenda, imbocchiamo nuovamente il Sentiero CAI 759 che si fa più “pianeggiante” (per quanto possibile); nei pressi della Casera Rudefin Alta, oggi un cumulo di detriti, ci fermiamo ad ammirare la natura vulcanica del Monte Pape, ben visibile guardando le creste e le tante rocce staccatesi nei frequenti eventi franosi. Dietro di noi, il Civetta spunta sempre più dietro il Pelsa, e la Moiazza si intravede sempre più nitidamente man mano che saliamo; sul pianoro sopra Casera Rudefin Alta troviamo le tracce recenti di una frana importante (le tracce del rotolamento a valle dei massi sono ancora ben visibili) e nuove indicazioni CAI per Cima Pape e Forcella Pape. Oltre il pianoro, la pendenza si fa marcatissima: è l’ultimo strappo prima di raggiungere la sommità del Pape.
Salendo ammiriamo il bellissimo panorama sulla parte sud dell’Agordino: Civetta, Pelsa, Moiazza e Framont, Pale di San Lucano, l’Agner che comincia ad intravedersi; la salita è resa difficoltosa dalla pendenza, necessaria anche qui la massima attenzione per non rischiare di scivolare e rotolare giù lungo il declivo, rischiando magari un volo da una delle scarpate presenti: massima attenzione anche qui è richiesta all’escursionista. Quando siamo ormai provati dalla salita, finalmente il panorama di apre sul versante nord: Val Biois e Val Cordevole ci appaiono in tutto il loro splendore.
Dopo l’ultima salita, eccoci a Cima Pape; la giornata, seppur piuttosto velata e nuvolosa, ci regala un panorama veramente unico sulle Dolomiti UNESCO: Civetta, Pelmo appena nascosto, Croda da Lago, Sorapiss, Tofana, Lastoi di Formin, Monte Pore, Nuvolau e Averau, Cernera, Paterno, Lagazuoi, Croda Rossa, Sasso Bianco, il gruppo della Marmolada con le Cime d’Auta in prima posizione, il gruppo Monzoni-Costabella e il Col Margherita, Mulaz e Focobon; dietro di noi si intravede l’Altopiano delle Pale di San Martino, l’Agner, le Pale di San Lucano, Schiara, San Sebastiano; malgrado la giornata non proprio bellissima, scorgiamo oltre il Paterno le Tre Cime di Lavaredo, o meglio le “Due Cime” come ci appaiono da questa prospettiva.
Un’antica ed interessante leggenda agordina ci racconta di come anticamente il Monte Pape fosse la dimora di un enorme drago; la creatura si alzava al mattino al sorgere del sole ed iniziava a sputare fuoco tutt’intorno, colorando di rosso le nubi ed il profilo delle montagne di riflesso. Quando il drago giudicava la temperatura dell’aria ideale, prendeva il volo alla volta del Lach dei Nègher (com’è detto in Val Biois, mentre viene chiamato invece sul versante della Val Pettorina Lèch dei Giài) nel quale si trastullava per tutta la giornata spruzzandosi addosso l’acqua e nuotando nel vortice del lago; alla sera, il drago usciva dall’acqua e ritornava in volo al Monte Pape, la sua dimora. Certo che come storia è divertente e carina, non trovate?
Al rientro, compiuto a ritroso lungo il sentiero dell’andata, imbocchiamo in località Le Tape il sentiero che conduce a Malga Campedel; lungo il cammino troviamo diverse suggestive baite e un bel pascolo con mucche all’alpeggio. Sopra di noi svetta Cima Pape con la caratteristica croce. Giunti nei pressi di Malga Campedel, rientriamo a Bogo intervallando la comoda strada sterrata ai sentieri che ne tagliano i tornanti dopo circa 7 ore di escursione portata a termine con molta calma.