Dal Cuore delle Dolomiti
Agordino Dolomiti
Geschichte des Agordino

Geschichte des Agordino

Agordino DolomitiStoria dell’Agordino

Storie di uomini nel Cuore delle Dolomiti

 

In passato, convinzione comune era che l’Agordino fosse stato colonizzato ed abitato stabilmente solo in tempi relativamente recenti e che il culmine dell’evoluzione demografica si fosse raggiunto solo con l’importazione della patata e del mais dalle Americhe, quindi con l’avvento dal XVI Secolo.

Invece, a partire dal XX Secolo, una serie di straordinari ritrovamenti archeologici di notevole rilevanza ha gettato una nuova luce su questo territorio dolomitico e suoi suoi abitanti, permettendo di delineare uno scenario parzialmente differente da quanto prima ipotizzato.

 

In questa sezione presentiamo un breve riassunto, a grandi linee e per mera funzione di contestualizzazione in chiave turistica, delle fasi più importanti relative allo sviluppo dell’Agordino; si tratta quindi di uno schema di massima da utilizzare solo per meglio comprendere i differenti aspetti socio-culturali ancora riscontrabili nei 16 Comuni dell’Agordino. Rimandiamo eventuali lettori curiosi di approfondire alla ricca bibliografia disponibile sull’argomento, sia sugli scaffali che online.

Storia dell'Agordino
Cascata alta delle Comelle in Val di Gares, uno dei tanti spettacoli della natura del nostro territorio

Fase Preromana e Romana [? – 923 d.C.]

 

Tra i più antichi reperti e tra le testimonianze storiche più rilevanti rinvenuti in Agordino si annoverano le celebri incisioni sul Monte Civetta notate per la prima volta dal famoso alpinista e scrittore Domenico Rudatis (1898 – 1994); si tratta di tre iscrizioni confinarie del periodo romano, collocate in linea retta su una distanza di 6 chilometri, che sancivano la frontiera tra le antiche province romane di Bellunum (Belluno) e di Iulium Carnicum (Zuglio Carnico). Le iscrizioni sono state datate indicativamente tra il II ed il III Secolo d.C., quindi in piena epoca imperiale romana.

Si tratta di reperti curiosi ed interessanti, sia dal punto di vista della collocazione, che del loro scopo: è stato osservato come sia rilevante che i Romani avessero scelto di marcare i confini provinciali in zone impervie delle Dolomiti in prossimità di pascoli alpini; la scelta è motivata forse dal fatto che le risorse presenti rivestissero già al tempo un ruolo chiave nell’economia locale.

Storia dell'Agordino
Calco delle iscrizioni confinarie del Civetta al Museo Civico della Val Fiorentina “Vittorino Cazzetta”

Un’altra preziosa testimonianza del remoto passato dell’Agordino è costituita dalla famosa Stele del Monte Pore; si tratta di un reperto misterioso, di probabile funzione funeraria, che presenta iscrizioni in lingua venetica non decifrabile. Il reperto venne rinvenuto nel territorio di Colle Santa Lucia nel 1866.

La stele, di manifattura paleoveneta, è attribuibile all’Età del Ferro. Il significato delle incisioni, come si è detto, rimane ancora oggi un mistero. Copie e calchi di entrambi i reperti sono a disposizione dei visitatori del Museo Civico della Val Fiorentina “Vittorino Cazzetta” a Selva di Cadore.

Stele del Monte Pore
Copia della Stele del Monte Pore al Museo Vittorino Cazzetta
Museo Civico della Val Fiorentina “Vittorino Cazzetta”

Malgrado la presenza in territorio Agorino di questi antichi ed interessanti reperti, il fatto non è sufficiente ad affermare che questa zona delle Dolomiti fosse abitato stabilmente in epoca antica. Per quanto riguarda la Conca Agordina, le prime tracce di insediamenti stanziali si in epoca Tardo-Romana / Alto Medievale (V-VI Secolo d.C), sebbene sia noto che i Romani conoscevano la zona e la ritenevano un fondamentale canale di comunicazione con il Nord attraverso le Alpi.

Al periodo inculso tra il VI ed il VII Secolo d.C. appartengono le sepolture rinvenute nella Conca Agordina a partire dalla fine dell’800. Oltre ai resti degli inumati, sono state trovate in queste tombe fibule ed armille di bronzo, collane, vasellame. Molti di questi reperti, collezionati dalla pregevole opera di Don Ferdinando Tamis, sono ammirabili nella nuova sezione paleontologica del Museo dell’Istituto Minerario di Agordo. La presenza di bronzo nelle tombe altomedievali agordine, dato l’alto valore del metallo nel periodo, ha rivoluzionato le teorie sulla storia passata dell’Agordino; è probabile infatti che non solo in questo periodo l’Agordino fosse abitato stanzialmente, data la presenza delle sepolture, ma che addirittura le popolazioni che vi abitassero fossero notevolmente più facoltose di quanto si ritenesse fino a poco tempo fa. Da documenti storici dello stesso periodo si evince infatti che il valore del bronzo veniva spesso equiparato a quello dell’oro negli scambi commerciali. Oltre che per l’attività estrattiva del rame e di altri metalli, l’Agordino potrebbe aver sviluppato già in quel periodo una fiorente economia a motivo della sua posizione strategica sulle rotte commerciali per l’Europa.


Fase Antica [923-1404 d.C.]

 

La maggior parte delle informazioni relative alla fase antica dell’Agordino ci sono giunte tramite l’eccezionale opera di ricerca dello storico agordino Don Ferdinando Tamis raccolta nella sua famosa “Storia dell’Agordino“; si tratta di un’opera di altissimo profilo (anche se ovviamente viziata dalla lettura storica in chiave salvifica del Cristianesimo che è però scusabile in un sacerdote) che consigliamo a tutti gli appassionati di storia per approfondire alcune delle tematiche da noi affrontate in questa sezione nonché in molte parti del nostro blog. Ulteriori interessanti materiali provengono poi dall’opera di ricerca del Gruppo Archeologico Agordino, un’associazione culturale senza scopo di lucro che da oltre un ventennio si impegna per fare luce su molti interessanti aspetti della storia locale e non solo.

Nel V Secolo d.C. le cronache ci narrano le vicende del Vescovo Lucano, poi Santo; attorno al 420 avrebbe permesso alle genti della sua Diocesi in Alto Adige di nutrirsi di carne durante la Quaresima a seguito di una terribile carestia. A seguito del gesto, Papa Celestino avrebbe scomunicato il vescovo e gli avrebbe imposto un pellegrinaggio espiatorio fino a Roma. Tornato da Roma avrebbe trovato l’opposizione della fazione ariana della Diocesi che lo avrebbe costretto all’esilio dapprima in Val di Fiemme e successivamente nella valle agordina che ancora porta il suo nome, ovvero la Valle di San Lucano nel Comune di Taibon Agordino. Nella tradizione cristiana Lucano resterà noto come l’Apostolo delle Dolomiti.

Storia dell'Agordino
Chiesetta di San Lucano e torri dell’Agner

Nel 568 i Longobardi calano sull’Italia al seguito di Re Alboino; si tratta non tanto di un’invasione di carattere militare, quanto piuttosto della migrazione di un intero popolo che si stanzia con donne, bambini ed anziani nei territori di quello che era fino ad un secolo prima l’Impero Romano d’Occidente. L’Agordino non fa eccezione e viene presumibilmente occupato da questi invasori germanici che qui si stabiliscono; nel corso degli anni, le popolazioni di origine germanica si mescolano agli originali abitanti romani dell’Agordino, fondendo quindi la cultura romana degli indigeni con quella barbara degli invasori.

Sebbene l’opera di cristianizzazione dell’Agordino fosse già iniziata, permangono fino all’inizio dell’VIII Secolo culti pagani in territorio Agordino, situazione comune a molte altre regioni europee.

La prima attestazione storica in forma scritta sull’Agordino è il celebre Diploma di Berengario datato 923 d.C., un documento con il quale il sovrano della casata degli Unrochingi Berengario I del Friuli (all’epoca Re d’Italia ed Imperatore dei Romani ed uno dei più facoltosi feudatari d’Italia) concedeva al Vescovado di Belluno le decime delle zona del Cadore e dell’Agordino; si tratta quindi di un documento di straordinaria importanza storica poichè, per la prima volta nella storia, si subordina l’Agordino al diretto controllo di Belluno, creando un’assetto istituzionale che perdurerà per oltre un millennio, fino ai giorni nostri.

Questi privilegi furono confermati poi al Vescovo di Belluno da Papa Lucio III nel 1185; interessante è notare come nel documento di Lucio III sono presenti, riguardo i territori Agordini, i termini “arimaniis”, “villi” e “curtis”; il primo, “arimanna” [dal termine protogermanico “Herr” + “Mann”, ovvero “uomini in armi”, quindi “uomini liberi che potevano portare armi“], fa riferimento ad una tassa pagata dagli uomini liberi al sovrano in epoca feudale; il termine è di chiara origine longobarda, e testimonia quindi la presenza dei Longobardi nel territorio Agordino. La seconda voce, le “ville”, si riferisce invece agli antichi abitati o conglomerati di case raccolte attorno ad una “curtis” (casa padronale); sono “Ville” ancora oggi ad esempio Toccol e Parech ad Agordo, i quartieri di La Valle Agordina e gli abitati di Selva di Cadore, definite ancora così dopo più di 1000 anni. Il documento di Lucio III ci rivela esplicitamente dunque:

– che in Agordino nel XII Secolo ci sono esponenti dell’etnia longobarda;
– che in Agordino nel XII Secolo ci sono già i rudimenti per la formazione del sistema governativo comunitario delle “Regole”;
– che in Agordino nel XII Secolo ci sono, assieme ai rudimenti del sistema delle Regole, anche nobili famiglie che vivono nelle “curtis”.

NB: I tre termini in oggetto si riferiscono ai territori di proprietà “pubblica” della comunità, perché, è bene ricordarlo, al tempo esistevano anche proprietà private, a beneficio esclusivo di una casta o di un gruppo sociale, come ad esempio dei Vescovi; si trattava in questi casi di veri e propri latifondi che venivano coltivati da coloni o servi, personale obbligato a cedere gran parte dei frutti del proprio lavoro ai proprietari del terreno e che quindi non beneficiavano degli stessi diritti degli uomini liberi, i quali cedevano solo le decime alla chiesa e le tasse all’imperatore.

Le ville e la corte costituiscono il nucleo originale delle antiche Regole dell’Agordino, ovvero di unioni di uomini liberi regolate da consuetudini non scritte, le cosiddette “Usum nostrum agordinorum“. Parallelamente allo sviluppo delle Regole Agordine,  troviamo ad Agordo la contrapposizione a quest’organo da parte del Consiglio d’Agort, un’istituzione che raggruppava gli esponenti di 2 famiglie nobiliari locali di origine longobarda, i Della Valle e i Da Voltago; questa contrapposizione era lo specchio della contrapposizione etnica, societaria ed economica tra le popolazioni locali riunite nelle Regole e gli antichi invasori, i Longobardi, delle famiglie nobili agordine; la presenza longobarda era così forte in Agordino che le popolazioni ladine confinanti definivano gli Agordini “Lomberds” (“Lombardi” e quindi “Longobardi”).

Nel 1177 nel vicino Tirolo, l’Imperatore Federico I Hohenstaufen detto “Barbarossa” concede l’usufrutto delle cave di siderite manganesifera del Monte Pore (Colle Santa Lucia) al Convento di Novacella. Per secoli il possesso di queste miniere, le Miniere del Fursil, sarà il fine di violente contese interne al Tirolo e con Venezia.

Monte Pore
Storia dell'Agordino
La siderite del Monte Pore (Museo Civico della Val Fiorentina “Vittorino Cazzetta”

Nel 1190 si verificò in Agordino un episodio importante dal punto di vista politico: il malcontento e le tensioni decentratrici che da tempo si andavano accumulando tra la città di Belluno, centro istituzionale e politico, e le zone ad esso sottoposte (soprattutto Agordino e Zoldano) sfociarono in una rivolta generale allorchè giunse la richiesta di versare una nuova imposta straordinaria voluta dal Podestà di Belluno Tisone Maltraversi; Agordino e Zoldano furono puniti per le richieste avanzate arrivando ad esiliare i gli insorti. Probabilmente si trattava di una prova di forza, con la quale il Podestà pensava di prevenire ulteriori problemi, ma il provvedimento ebbe l’unico effetto di inasprire gli animi. Dopo 34 anni dall’inizio della rivolta (siamo nel 1224) la situazione era arrivata pericolosamente vicina punto di rottura tra Belluno e le due zone insorte; fortunatamente, benchè i presupposti facessero pensare il contrario, non fu sparsa neanche una goccia di sangue grazie alla mediazione di Gabriele III da Camino, nobile trevigiano chiamato a mediare sulla questione. In cambio dei due rappresentanti (Consoli), uno per l’Agordino ed uno per lo Zoldano, in seno al consiglio della città di Belluno ed alla possibilità di far intervenire due membri della comunità (due per l’Agordino e due per lo Zoldano) ogniqualvolta vi fosse da trattare la questione di nuove imposte al consiglio di Belluno, la rivolta si placò e le tensioni scemarono; l’Agordino guadagna quindi nel 1224 una rappresentanza che gli garantisce un potere politico prima non riconosciuto.

Nel 1233 il vescovo Ottone da Torino ordina il restauro della fortificazione situata all’imbocco di Agordo sul Sasso di San Martino, ovvero del Castel Agordino. Sul riconfermato feudo vescovile, fino a metà del 13° Secolo viene instaurato un reggente, definito “Gastaldo” e poi “Capitano“, alla guida del territorio sottoposto al controllo vescovile; questa figura aveva ruolo prevalentemente militare: sappiamo ad esempio che a lui toccava la gestione della chiusa del  Castello Agordino presso la Tagliata del Sasso di San Martino, all’imbocco sud della Conca Agordina, un punto strategico così interessante che sarà poi riutilizzato sia nella Grande Guerra dal Regno d’Italia che nella Seconda Guerra Mondiale da organizzazioni paramilitari naziste. Un famoso Capitano dell’Agordino sarà Guadagnino Avoscano. Con l’avanzata del modello comunale, l’Agordino si adatta al nuovo assetto sociale; malgrado l’accresciuta importanza dei cittadini nell’amministrazione pubblica, l’abitante dell’Agordino in quegli anni deve fare i conti però con un sistema politico rigido ed incentrato sulla parentela retto da famiglie nobili e spalleggiato dal clero.

Nel 1249 il nobile Ainardo da Agordo si schierò dalla parte della potente famiglia ghibellina dei De Romano prestando i propri servigi ad Ezelino III, signore della Marca Trevigiana ed alleato dell’Imperatore Federico II di Svevia, nel tentativo di conquistare la Città di Belluno. La morte di Ezelino un decennio dopo non sancì comunque un ritorno alla pace e continuarono anche in Agordino le complesse dinamiche della contesa tra guelfi e ghibellini che caratterizzarono tutto il Dodicesimo Secolo.

La Casata degli Avoscani

 

Un altro momento di grande interesse storico per l’Agordino si ebbe a partire dal 1321 con la dominazione della zona da parte della famiglia nobile degli Avoscani. Gli Avoscani, famiglia signorile agordina di fede ghibellina e residente nell’odierna frazione di Avoscan di San Tomaso Agordino, erano cresciuti in prestigio durante la seconda metà del XIII Secolo; le fonti più antiche ci raccontano di una famiglia piuttosto belligerante, spesso impegnata in lotte per la supremazia con altre prestigiose casate dell’Agordino quali i Sommariva di Alleghe ed i tenenti delle fortificazioni di Rocca (Rocca Pietore) e Andraz in Tirolo (Livinallongo del Col di Lana). La svolta politica definitiva si ebbe con l’alleanza tra Guadagnino Avoscano ed il celebre Cane della Scala (Can Francesco della Scala detto Cangrande I, signore di Verona), che nel frattempo aveva occupato la città di Feltre.

Siamo nel 1321 e, forte dell’appoggio di buona parte della nobiltà agordina (tra cui Guadagnino Avoscano e Bettino Sommariva), il condottiero ghibellino Cangrande della Scala si insedia nel cuore dell’Agordino ottenendo il controllo politico dei castelli dei Sommavilla e degli Avoscani. Il Consiglio di Belluno risponde militarmente inviando in Agordino un esercito che riesce a riconquistare le fortificazioni ed ad avere la meglio sui partigiani scaligeri. Simultaneamente si svolge a Belluno il processo a Guadagnino Avoscano e Bettino Sommariva, che vengono esiliati per il loro appoggio alla famiglia degli Scaligeri. Frattanto Cangrande (siamo nel 1322) attacca e conquista la Città di Belluno e decreta che il bando per Guadagnino e Bettino venga revocato. Cangrande riabilita i due nobili e conferisce a Guadagnino enormi poteri: lo fa Capitano perpetuo di Agordo, lui e i suoi discendenti, di tutta la valle e dello Zoldano, con pieno potere giudiziario su tutta la zona.

La famiglia Avoscano, per mezzo dell’esponente di spicco della casata, Guadagnino Avoscano, riuscì in brevissimo tempo a costruire un piccolo regno in Agordino e Zoldano grazie all’appoggio della casata degli scaligeri e dell’Imperatore ed ad una spietata sete di potere e mancanza di scrupoli; Guadagnino, avanzando sbaragliando gli oppositori, arrivò addirittura ad impossessarsi del Castello di Andraz, quindi di una roccaforte situata in pieno territorio tirolese, ed a sottomettere la famiglia Sommariva che regnava sulla media Val Cordvole (il castello dei Sommariva sarà sommerso dalla formazione del Lago di Alleghe nel 1771). Guadagnino ed il figlio Jacopo si distinsero per una grande determinazione e per l’estrema ferocia nelle loro gesta; con l’assassinio del vicario imperiale Arrighetto Bongaio nel 1349, Jacopo si meritò le ire dell’Imperatore Carlo IV che dovette punire l’alleato privandolo del suo feudo in Agordino e Zoldano e facendogli subbentrare Ivano da Riva; con questo provvedimento ebbe inizio il declino della casata di Guadagnino. Del Castello degli Avoscani, situato nella località che ancora oggi porta il loro nome (Avoscan nel Comune di San Tomaso Agordino) non resta che il ricordo nelle cronache.


Fase Veneziana [1404-1797]

 

Al principio di questa fase storica, il territorio Agordino attuale risulta così suddiviso:

1) Sindacato Generale delle Regole del Capitaniato di Agordo

Il Sindacato Generale delle Regole del Capitaniato di Agordo è l’unione delle Regole Agordine sottoposte all’amministrazione di Belluno, che nominava un Capitano per governare il territorio. Le Regole Agordine erano divise in due blocchi dalla località di Listolade, anche detta la “Chiusa di Listolade”. In questo luogo sorgeva un fortino, semplice e piuttosto rustico, costruito con una serie di muri a secco e rinforzato da travature in legno. Una seconda fortificazione sorgeva nella zona dei Castei (vedi sotto). L’esercito si barricava presso la Chiusa e presso la zona dei Castei in caso di invasioni, come quelle famose di Re Sigismondo d’Ungheria.

La stretta Chiusa di Listolade vista dal Monte Anime

Già nel Trecento si incontra nelle fonti il Consiglio o Comunità di Agordo, più tardi definito Magnifico Consiglio o Magnificà Comunità di Agordo. I due consorzi di Sopra- e Sottochiusa vengono definiti invece Comuni o Comunità, ed assieme formano il Sindacato.

a) Regole di Sottochiusa: zona corrispondente a grandi linee alla Conca Agordina, si estendeva dalla località La Muda a Listolade e comprendeva 12 Regole:

– Grande Regola di Agordo
– Regola di Parech
– Regola di Tocol
– Regola di Taibon
– Regola di Forno di Val
– Regola di Listolade
– Regola di La Val
– Regola di Riva
– Regola di Frasenech
– Regola di Oltach
– Regola di Tiser
– Regola di Gosaldo

b) Regole di Soprachiusa: zona corrispondente a grandi linee alla zona che si estende da Cencenighe ai passi Valles e San Pellegrino in Val Biois e da Cencenighe ad Alleghe in Val Cordevole e comprendeva 10 Regole:

– Regola di Cencenighe
– Regola di San Tomaso
– Regola di Alleghe
– Regola di Calloneghe
– Regola di Vallada
– Regola di Fregona e Carfon
– Regola di Sappade e Caviola
– Regola di Forno de Canal
– Regola di Falcade
– Regola di Pittigogn (o Peteguno)

oltre alle Regole, ad Agordo governava anche il Consiglio d’Agort formato dai nobili locali di origine longobarda, spesso in aperta contrapposizione alle Regole.

2) La Magnifica Comunità della Rocca

Al Comune di Rocca Pietore corrispondeva nel periodo di dominazione della Serenissima Repubblica di Venezia nel Basso Agordino il territorio della Magnifica Comunità della Rocca, una zona franca autogestita ed indipendente dal punto di vista dell’Estimo e dell’amministrazione della giustizia, ma formalmente fedele a Venezia; di questa forma di autogoverno conosciamo poco a causa di un terribile incendio che all’inizio del XIX Secolo distrusse gli archivi storici del Comune.

3) Regole Cadorine

Alle Regole del Cadore apparteneva Selva di Cadore (che porta ancora nel nome l’antica appartenenza a questa sfera d’influenza) e Caprile, dotato però di statuti particolari;

4) Tirolo

Al Tirolo appartenevano i Comuni Agordini di Livinallongo e Colle Santa Lucia, 2 dei 18 Comuni della cosiddetta “Ladinia“, una zona a minoranza linguistica soggetta all’autorità tirolese in cui si parlava il Ladino, ovvero un dialetto costruito su base italiana (da “latino”, quindi “parlante di una lingua neo-latina).

Casa delle Regole a Canale d’Agordo

Le guerre con Milano e Sigismondo d’Ungheria e le dispute col Tirolo

 

La fase iniziale della dominazione veneziana è caratterizzata dalle guerre contro Re Sigismondo e il Granducato di Milano, che interessano spesso attivamente l’Agordino per via della sua importanza tattica.

Nel 1436 i mercenari tirolesi, al soldo del Ducato di Milano, attaccano Belluno passando per l’Agordino. I tirolesi, dopo essere scesi dai passi San Pellegrino e Valles, incendiano Falcade, Caviola, Cencenighe (sembra che Canale scappò al tragico destino), compiono razzie e violenze inaudite ai danni dei “nemici veneziani”. Nel frattempo, i Bellunesi si arroccavano alla Chiusa di Listolade e a Castel Gordino per la difesa e anche il Cadore partecipa alla difesa dell’Agordino. Si dice che il comandante bellunese Bartolomeo Miari, rimasto shoccato dall’inaudita violenza usata dai tirolesi nei confronti delle inermi popolazioni agordine, decise di affrontare gli invasori in un’unica battaglia con ferocia particolare; sconfitti e giustiziati in larga parte, i tirolesi tentarono la fuga verso nord, inseguiti da Miari. Miari, imprudentemente, inseguì i tirolesi in rotta e fu circondato ed ucciso; i tirolesi, tuttavia, lasciarono definitivamente l’Agordino.

I tirolesi tornano all’attacco tre anni dopo, nel 1439, quando provano ad assaltare Caprile durante un giorno di mercato, vigliaccamente. Il Capitano delle milizie agordino Posillo da Pescul, si fa trovare pronto (Caprile era tatticamente difeso da Venezia con l’aiuto di Belluno e del Cadore) e li respinge. Nel 1440 i tirolesi scendono nuovamente per razziare l’Alto Agordino; viene quindi istituita la leva militare obbligatoria in Agordino. Nel frattempo, Venezia riesce a piegare i Milanesi definitivamente, iniziando una fase di stabilità interna e concentrandosi sulle guerre contri i Turchi.

Proseguono comunque le invasioni periodiche da parte dei tirolesi, attratti dalle ricchezze del territorio agordino (legname, miniere, importanza tattica del territorio). Momenti di grande tensione si ebbero con l’invasione di Caprile del 1447, la successiva risposta armata di Venezia che conquistò il Castello di Andraz, la successiva riconquista tirolese e una nuova offensiva cadorina che aggredì la Valle di Marebbe culminando nella battaglia di Tamers, dove si disse che l’esercito veneziano giocasse a bocce con le teste mozzate dei tirolesi. Seguì una violenta rappresaglia tirolese che costrinse le truppe venete alla ritirata nella Vallata d’Ampezzo, con altre amenità di guerra come il rogo dei prigioniere cadorini, arsi vivi per rappresaglia. Ancora una volta, i tirolesi scesero in Agordino radendo al suolo Caprile, Cencenighe, Canale, Selva e Pescul. La vittoria di Feltre, forte del contingente inviato da Venezia, segnò una prima stabilizzazione dei confini col Tirolo, anche se Cadore e Agordino rimasero sempre zona ambite dai Duchi d’Austria per via delle miniere e della ricchezza di legname e materie prime. Furono rinforzate da Venezia tutte le fortificazioni Agordine e Cadorine, tra cui il Castel Gordino nella gola dei castei.

Nel 1483 Marin Sanudo “Il Giovane”, esploratore veneziano, visita l’Agordino e riporta nei suoi diari la condizione fatiscente del Castello Agordino situato alle porte di Agordo.  Qualche anno dopo il castello viene ristrutturato, ma già nel luglio 1510 viene distrutto dalle truppe dell’Imperatore.

Il Forte della Tagliata di San Martino Agordo
Il Forte della Tagliata di San Martino Agordo

La fine del XV Secolo vede l’Impero Ottomano minacciare l’Europa e Venezia. Dopo essere arrivati a Sacile, i Turchi si ritirano, portandosi dietro 11.000 prigionieri e depredando tutti i territori che avevano toccato. L’Agordino viene esonerato dall’invasione.

Nel 1500, le mire espansionistiche di Ludovico il Moro, appoggiato dall’Imperatore Carlo V, spingono Venezia a rinforzare ulteriormente le fortificazioni Agordine e Cadorine. La battaglia tra le truppe di Venezia e le truppe imperiali si svolse a Rusecco, presso Tai di Cadore, con la netta vittoria di Venezia, che “li fece a pezzi”. Mentre Venezia si godeva questo momento di gloria, il Papa Giulio II organizzava la Lega di Cambrai, che vedeva coalizzati lo Stato Pontificio, la Francia, la Spagna, la Svizzera, Ferrara e Mantova contro la Serenissima. Durante le fasi attive della campagna, l’Agordino fu invaso dalle truppe al comando del Capitano Vels e Castel Gordino fu raso al suolo. Dopo aver liberato l’Agordino dai Tirolesi, gli Agordini parteciparono coi Veneziani alla liberazione di Belluno dalle truppe Franco-Imperiali, sbriciolando a cannonate le mura della città e costringendo alla resa il Capitano Liechtenstein.

Vista la malaparata, Giulio II cambiò l’assetto della guerra e, alleatosi coi Veneziani, mosse guerra agli Asburgo. Il 1517 segna la fine delle ostilità con la pace di Bruxelles, e la sopravvissuta Repubblica di Venezia, Agordino compreso, si abbandona a feste per celebrare la vittoria. Il Capitano Bartolomeo Corte fu nominato dal Doge Capitano a vita di Agordo. L’Agordino non fu più invaso fino alla caduta della Serenissima.

All’inizio del ‘600 si avvia la prima gestione fruttuosa e moderna delle Miniere di Val Imperina sotto la gestione della Famiglia Crotta guidata dal capofamiglia Francesco. Il successo della gestione Crotta, iniziato nel 1615, deriva anche dall’introduzione della polvere da sparo nelle operazioni di scavo, che permette di incrementare notevolmente i volumi di minerali estratti. La famiglia acquista due stabili in centro ad Agordo e li fonde, creando il nucleo originario del Palazzo Crotta – De’ Manzoni, una delle ville venete più settentrionali dell’ex Serenissima.

Dettaglio del Palazzo Crotta De’ Manzoni ad Agordo

La fama della famiglia è funestata presto da un grave delitto: il figlio di Francesco, Giuseppe Crotta, entra in conflitto col fratello Giovanni Antonio Crotta alla morte del padre ed arriva ad assoldare dei sicari per eliminarlo. I killer attendono Giovanni Antonio in località Polane ed eseguono il compito assegnato loro. La vicenda però viene scoperta e segue un clamoroso processo ancora oggi famoso; dice la leggenda che l’anima di Giovanni Antonio vaghi ancora nei pressi della villa in centro ad Agordo ed abbia trovato casa nella suggestiva Toresèla.

La Toresèla di Agordo

Del 1612 è l’edificazione della splendida Cesa de Jan (Palazzo Chizzali – Bonfadini) di Colle Santa Lucia; l’antica sede degli amministratori delle Miniere del Fursil è oggi sede dell’Istitut Ladin Cultural Cesa de Jan e una delle attrazioni storiche più rilevanti di Col. Risale invece al 1640 l’edificazione della Casa delle Regole di Canale d’Agordo; l’edificio che ospitava le riunioni dei capofamiglia della Regola costituisce ancora oggi una delle attrazioni storiche del Comune di Canale d’Agordo. Di inizio Settecento è invece il Vaticano di San Tomaso Agordino, altra opera famosa del territorio.

Palazzo Chizzali-Bonfadini (Cesa de Jan) a Colle Santa Lucia, sede dei proprietari tirolesi delle Miniere del Fursil

Nel 1701 si verifica la drammatica “bòa” di La Valle Agordina; nella primavera di quell’anno, a seguito di una fortissima nevicata e del successivo innalzamento delle temperature, una gigantesca bomba di fango si abbatte in due distinti episodi lungo il Torrente Missiaga, seminando ovunque morte e distruzione; due ampi pascoli alpini si trasformano rapidamente in fango che precipita a valle durante la notte. 48 persone perdono la vita subito dopo la prima bomba di fango, altre 12 nella seconda; il villaggio subisce la distruzione di tutti gli opifici disposti lungo il torrente (mulini, segherie, botteghe, ecc.) e della chiesa con tutto l’archivio storico del Comune.

Del 1740 è la prima concessione ufficiale delle Miniere di Vallalta, sebbene la cava fosse conosciuta e sfruttata già da tempo. Le vicende alterne delle Miniere di Vallalta vedranno d’ora in poi l’alternarsi di molte gestioni, qualcuna fortunata, altre meno. La ricca storia del luogo ha anch’essa un enorme potenziale turistico, finora non sfruttato.

Miniera O’Connor (Gosaldo)

Nel gennaio 1771 una enorme frana di 10 milioni di tonnellate di roccia si stacca dal Monte Piz e collassa su alcune frazioni di Alleghe, uccidendo sul colpo 49 persone. L’acqua del Cordevole, trovando sbarrato il proprio alveo da una tale ostruzione, inizia a riempire il fondovalle. Scompaiono sotto le acque del Lago di Alleghe nei giorni successivi diversi altri abitati ed il castello della famiglia Sommariva, una delle cinque antiche fortezze dell’Agordino. Nel maggio del 1771 una seconda frana, 3 milioni di tonnellate, collassa nel lago generando un’enorme onda che risale il corso del Cordevole, anche stavolta lasciando una scia di morte e devastazione. La Serenissima, ormai prossima al collasso, tarda enormemente nel prestare soccorsi e desiste completamente una volta stimato il volume della frana.

La Frana del Piz vista dalla nuova postazione di osservazione nei pressi di Casera Bur
La Frana del Piz vista dalla nuova postazione di osservazione nei pressi di Casera Bur

 Fase Napoleonica [1797-1813]

 

Con la Serenissima al collasso, complici vari fattori (una nociva politica neutrale che la escluse dal gioco delle potenze dominanti in Europa; una burocrazia che era arrivata a livelli inimmaginabili di complessità; la corruzione che dilaniava il governo veneziano), l’Agordino viene lasciato in balia delle truppe francesi, che non si risparmiano razzie e varia atrocità ai danni della popolazione. Con la dichiarazione di guerra alla Serenissima, Napoleone ne approfittò per dare il colpo di grazia allo stato, ormai morente. Come per tutta l’Italia, anche l’Agordino subì la razzia di opere artistiche e beni da parte dei Francesi.

La situazione politica così formata e mantenuta per secoli venne stravolta, come per moltissime aree d’Italia e d’Europa, dal celebre Trattato di Campoformio del 17 Ottobre 1797 con il quale si sanciva la fine delle autonomie locali e l’assoggettamento d’Europa al grande piano di Napoleone Bonaparte; alla guida dell’Agordino venne posto l’austriaco Barone di Condor agli ordini diretti del Conte Oliviero Wallis. Al fatto già di per sè umiliante di vedere ridotta la propria autonomia per opera dell’ingerenza di sovrani stranieri si aggiunse l’amaro voltafaccia delle famiglie nobili agordine che dichiararono completa fedeltà al nuovo ordine delle cose; tra questi anche i Crotta di Agordo, che dovevano la propria fortuna soprattutto al trattamento di favore a loro riservato dalla Repubblica di Venezia nei secoli precedenti.

Nel gennaio 1798 arrivarono a Belluno 2000 soldati austriaci del comando di Padova, che abolirono immediatamente tutte le riforme francesi. L’inverno 1799-1800 fu interessato da un freddo eccezionale che causò una tremenda carestia; i sobillatori napoleonici approfittarono della cosa per inasprire i dissidi. La situazione si fece così tesa da sfociare in una rivolta popolare massicciamente partecipata con sede ad Agordo: la “Sommossa dei Villici” del 1800. Si trattò di un movimento di ribellione alla tirannia austriaca con la partecipazione di quasi tutte le Regole Agordine (ad esclusione di Gosaldo, Frassenè e Voltago, rimaste neutrali) i cui portavoce furono l’oste Labaro Andriolo e Fiorino (o Florio) Bertoldi. Com’è logico aspettarsi dal periodo storico e da una simile situazione, la ribellione fu repressa nel sangue e sedata nell’arco di tre tragici mesi. Analoghe situazioni si ebbero in Tirolo con la rivolta tirolese il cui simbolo è l’eroina di Livinallongo Katharina Lanz.

Statua di Katharina Lanz e campanile di San Giacomo a Pieve

Seguì la Tregua di Treviso del 1801 che sentenziò nuovamente il dominio napoleonico sull’Agordino e il Bellunese. La pace di luneville sentenzia infine il ritorno del Veneto all’Austria, che perse però la battaglia di Austerlitz del 1805 contro i Francesi.

Con l’anno 1805 i francesi imposero un nuovo ordine politico sul territorio, stavolta intaccando anche la secolare autonomia di Rocca Pietore; le Regole vennero soppresse dall’editto di Napoleone del 1806 e sostituiti dai Comuni; nel 1807 si giunse alla costituzione del Dipartimento della Piave, una zona corrispondente a grandi linee all’attuale Provincia di Belluno ma senza i territori tirolesi di Cortina d’Ampezzo, Livinallongo e Colle Santa Lucia; l’Agordino fu riformato invece nel Cantone di Agordo.

Cantone di Agordo:

– Agordo
– Riva
– Gosaldo (Tiser e Gosaldo)
– Voltago (FrassenË e Voltago)
– Taibon (Toccol, Parech, Taibon, Peden, Forno de Val e Listolade)
– Cencenighe (Cencenighe e San Tomaso)
– Alleghe
– Calloneghe
– Rocca (Rocca, Sottoguda e Laste)
– Canal (Forno de Canal, Pittigogn, Fregona e Carfon)
– Vallada
– Sapade (Sapade, Caviola e Falcade)

Per un totale di 13.000 abitanti sparsi uniformemente sul territorio, anche a motivo dell’economia prevalentemente rurale che non permetteva conglomerati urbani troppo estesi. La popolazione veneta soffrì molto sotto il dominio napoleonico, specie per la leva obbligatoria di tutti gli uomini dai 18 ai 50 anni, una novità assoluta, e per la tassazione molto pesante. Caratteristica di questo periodo per tutti gli abitanti delle Dolomiti, tirolesi inclusi, è la formazione di bande di briganti, ovvero contadini armati che appoggiavano diverse fazioni, talvolta tutte, e che erravano per le montagne cercando la propria strada nella politica europea esplosiva di quegli anni. Dilaga nelle Dolomiti la rivolta tirolese, estesasi poi anche al bellunese, che culmina con l’assedio di Bolzano e la fucilazione del capo dei ribelli, Andreas Hofer, a Mantova, il giorno del matrimonio di Napoleone con Maria Teresa d’Austria.


Fase Austriaca [1813-1866]

 

Con la progressiva disgregazione dell’Impero Napoleonico, a partire dal 1813 l’Agordino iniziò ad entrare nella sfera d’influenza austriaca, dapprima sotto il diretto controllo e successivamente nell’ambito del Regno Lombardo-Veneto concepito dal Cancelliere Klemens von Metternich e sancito dal Congresso di Vienna del 1815.

Benchè l’arrivo degli Austriaci fu più che ben accetto, inizialmente, dalla popolazione e dal clero (gli Austriaci non si abbandonarono alle nefandezze tipiche dei Francesi), i dissidi iniziarono con il mantenimento dell’odiata leva obbligatoria. Il Lombardo-Veneto vide il fiorire di società segrete che sfociarono nel movimento della Carboneria.

L’Agordino non si sottrasse ovviamente ai moti del 1848, partecipando attivamente nella rivolta anti-austriaca assieme alla Val di Zoldo ed al Cadore, proclamando addirittura un governo provvisorio e presidiando le vie di comunicazione alla Muda e sul Passo Duran per oltre 50 giorni; ad Agordo si toglie il vessillo con l’aquila bicipite e si rimette in piazza l’effige col Leone di San Marco. La tragica caduta della Val di Zoldo e del Cadore, schiacciate pesantemente anche data la prossimità dell’Austria, costrinse però gli Agordini ad arrendersi. L’8 Giugno 1848 Agordo fu rioccupata dalle truppe austriache e restò sotto il loro controllo fino all’Unità d’Italia.

Per tutto il XIX Secolo, la consuetudine del Grand Tour porterà in Agordino i rampolli della nobiltà europea assieme ad avventurieri, esploratori ed ai primi alpinisti. Il villaggio che prima di tutti si crea un nome quale località di villeggiatura è Caprile, dove presto sorgono i primi alberghi. Caprile è in posizione tattica per gli alpinisti, essendo situato a poca distanza tanto dal Civetta e dal Pelmo quanto dalla Marmolada, e diviene una delle prime località turistiche delle intere Dolomiti.


 Unità d’Italia, Guerre Mondiali, Repubblica Italiana [1866-oggi]

 

Con l’avvento dell’Unità d’Italia (1861) e con la liberazione del Veneto dall’occupazione austriaca (1870), l’Agordino passò al Regno d’Italia, senza ovviamente i Comuni di Livinallongo e di Colle Santa Lucia.

Tagliata di San Martino SR 203 Agordina Dolomiti

La prima ascesa al Pelmo di deve a Sir John Ball nel 1857; l’irlandese scelse il Pelmo appena arrivato in Dolomiti perché la montagna si distingueva da ogni altra per forma e posizione. La cima del Civetta viene conquistata ufficialmente nel 1867 dall’Inglese Francis F. Tuckett, sebbene la sua guida, lo zoldano Simeone De Silvestro, fosse già stato diverse volte sulla sommità del monte. La fama delle Dolomiti tra i turisti Europei è ormai consolidata; nel 1872 esce Untrodden Peaks and Unfrequented Valleys di Amelia B. Edwards, opera che parla molto anche del territorio Agordino.

Nel 1867 viene fondato ad Agordo l’Istituto Minerario “Umberto Follador”, prestigiosa scuola mineraria già attiva dal 1775; si tratta di una realtà tra le uniche in Italia e che nasce dall’impulso dato da secoli di industria mineraria in Agordino: per generazioni gli Agordini erano infatti stati occupati nelle miniere di Val Imperina, Vallalta, Gares, Fursil, nelle tantissime attività connesse alla produzione del carbone e legname e nelle officine metallurgiche delle varie località. La scuola mineraria di Agordo formerà nei decenni a venire intere generazioni di tecnici specializzati che si faranno onore nei cantieri e nelle miniere del mondo.

La sede originale dell'Istituto Follador, oggi museo mineralogico di Agordo
La sede originale dell’Istituto Follador, oggi museo mineralogico di Agordo

Nei 1872 viene fondata a Canale d’Agordo sotto la spinta di Don Antonio Della Lucia la prima latteria cooperativa d’Italia: si tratta di un’istituzione destinata a migliorare esponenzialmente la magra economia di montagna, proiettando l’Agordino nel XX Secolo. Sotto la guida di Don Antonio nascono latterie cooperative a macchia d’olio, riunite nel 1888 nella Federazione delle Latterie Agordine. Per la sua opera, Don Antonio Delle Lucia ricevette il titolo di Cavaliere del Regno d’Italia ed il suo sistema venne lodato ed ammirato all’Esposizione Nazionale di Palermo del 1895.

Latteria Cooperativa di Forno di Canale (Canale d'Agordo)
Latteria Cooperativa di Forno di Canale (Canale d’Agordo), la prima d’Italia

Nel 1877 per Regio Decreto, la Chiesa di San Simon di Vallada Agordina ottiene il prestigioso riconoscimento di Monumento Nazionale Italiano che tuttora porta. La pieve più antica della Val Biois (ed una delle più antiche delle Dolomiti) contiene opere artistiche di grande importanza ed è uno dei monumenti più importanti e prestigiosi del territorio agordino.

Il 2 Dicembre 1908 le frazioni di Pra e Lagunaz a Taibon Agordino vengono distrutte da una grossa frana staccatasi da Cima Ambrosogn che causa 28 morti e di fatto lo spopolamento delle frazioni interessate dalla catastrofe.

Al 1883 risalgono i lavori di ricostruzione del Forte della Tagliata di San Martino, all’imbocco della Conca Agordina; al 1890 risale invece l’edificazione dello sbarramento difensivo di Peden [Pèden] nel Comune di Taibon Agordino, una postazione tattica atta alla difesa del territorio contro nuove possibili invasioni da parte dell’Austria. Il Forte di Peden venne equipaggiato con artiglieria pesante e fu ulteriormente rafforzato allo scoppio della Grande Guerra, anche se le i combattimenti non interessarono mai la zona del Basso Agordino e conseguentemente il forte non venne mai utilizzato in guerra. Tra il 6 ed il 7 Novembre 1917 il Forte di Peden venne fatto esplodere dall’esercito del Regno d’Italia in ritirata, così come la Casermetta di Forcella Moschesin a La Valle Agordina ed il Forte della Tagliata di San Martino.

Anche sul fronte tirolese ci si prepara al conflitto: tra il 1897 e il 1900 viene completata l’edificazione del Forte La Corte a La Court, Livinallongo; nel frattempo viene ultimato anche il Forte Ruaz al fondovalle, creando così una linea difensiva massiccia contro le invasioni da sud. Entrambi i forti saranno pesantemente bombardati dal Regio Impero ed abbandonati nei primi mesi del conflitto. A partire dal 1916 si scava nei ghiacciai della Marmolada la famosa Città di Ghiaccio.

Forte La Corte

Allo scoppio della Grande Guerra (1914 per l’Austria, 1915 per il Regno d’Italia), si instaurò proprio in Agordino uno dei fronti più sanguinosi del Primo Conflitto Mondiale; le zone dell’Alto Agordino, trovandosi proprio sul tragitto della famosa Linea Gialla, dovettero far fronte a tre anni di terribile guerra di posizione, combattuta anche in quota ed in condizioni inumane.

Il simbolo di questo periodo è senza alcun dubbio il Col di Lana, il rilievo che sovrasta la Pieve di Livinallongo, ancora oggi squarciato in cima dalla spaventosa esplosione con cui l’esercito italiano conquistò il Blutberg (“la Montagna di Sangue” come viene soprannominato il Col di Lana); una seconda fase feroce della Grande Guerra in Agordino fu combattuta anche sulla Marmolada, in condizioni di vita disumane ed estreme.

Con la fine della Grande Guerra si ebbe l’ultima grande trasformazione dell’assetto geo-politico dell’Agordino: il passaggio di Livinallongo e Colle Santa Lucia dal Tirolo alla Provincia di Belluno (1923). Da allora i confini attuali non sono stati più stati toccati.

Viene edificato nel 1928 a Pian di Salesei (Livinallongo del Col di Lana) il Sacrario Militare Italiano, mausoleo monumentale che ospita i caduti italiani ed austriaci della Grande Guerra raccogliendone le spogli sepolte in vari cimiteri del Col di Lana e della Marmolada. Per approfondire, leggi L’Agordino e la Grande Guerra (clicca qui).

Sacrario Militare di Pian di Salesei

Nel 1933 si compie il primo di una serie di delitti (seguiranno altri omicidi nel 1946) che attireranno l’attenzione di tutta Italia su un piccolo paese agordino in riva al lago: si tratta della serie di omicidi nota come “misteri di Alleghe“. La vicenda è raccontata nel romanzo di Sergio Saviane “I Misteri di Alleghe”. Malgrado si sia tentato in passato di non incentivare il turismo legato a questa brutta vicenda di cronaca nera, la storia dei delitti di Alleghe e la crudezza di alcuni macabri dettagli continuano ad attirare l’immaginazione dei visitatori.

Nel 1937 la presunta apparizione della Madonna a sei pastorelli in località Piandison a Voltago Agordino diventa un caso mediatico italiano; la Santa Sede manda ad indagare, tra gli altri, anche Albino Luciani, futuro Papa Giovanni Paolo I; il verdetto è che il miracolo non sia autentico, e che i fedeli vanno dissuasi dal recarsi in pellegrinaggio a Piandison. Malgrado la posizione assunta dalla Chiesa Romana, in migliaia si riversano ogni domenica al masso di Piandison. Col passare del tempo, la presunta apparizione viene lentamente dimenticata, ma la vicenda è stata oggetto di numerosi studi e pubblicazioni. La vicenda è ancora attuale, tanto che la curia deve spesso pronunciarsi sui pellegrinaggi che comunque continuano malgrado la smentita ufficiale.

Il Sass de la Madonna a Voltago Agordino
Il Sass de la Madonna a Voltago Agordino

Con il declino del regime fascista, nell’Agordino occupato i nazisti si interessano al Forte della Tagliata di San Martino e lo rinforzano in vista di una risalita degli Alleati da sud. La zona, abbandonata ma non modificata nel Dopoguerra, è piena di resti del periodo: oltre al forte, ci sono molte postazioni di tiro e decine di gallerie e tunnel su tutto il Sasso di San Martino.

Nella Seconda Guerra Mondiale, l’Agordino si distinse per la presenza di numerose brigate partigiane ed ebbe un ruolo attivo e di primo piano nella liberazione dal regime nazi-fascista, pagandone un tributo di sangue notevole: il 20 Agosto 1944 le divisioni altoatesine “Bozen” delle SS hitleriane distrussero i villaggi di Gares e Caviola, uccidendo 44 persone e lasciandone molte senza casa; è la famosa Strage della Valle del Biois. Nell’ottobre dello stesso anno, anche Voltago fu colpita duramente dai nazisti. Dopo la Liberazione, Agordo e l’Agordino entrarono nella fase attuale della Repubblica Italiana.

Opera commemorativa sulla strage della Val Biois di Franco Murer a Gares
Opera commemorativa sulla strage della Val Biois di Franco Murer a Gares

Nel 1945 la società Breda di Milano abbandona definitivamente le ricerche di siderite manganesifera sul Monte Pore a Colle Santa Lucia, presso le Miniere del Fursil. Anche i centri minerari di California e Val Imperina saranno dismessi di li a poco.

Nel 1959 viene inaugurato il Sacrario Militare Germanico al Passo Pordoi; l’opera, iniziata dal Terzo Reich, darà terminata dalla Repubblica Federale Tedesca. Il mausoleo doveva originariamente contenere le spoglie dei soldati tedeschi caduti in suolo italiano durante la Grande Guerra; troveranno qui riposo tuttavia i caduti in suolo italiano della Seconda Guerra Mondiale.

Sacrario Militare Germanico al Passo Pordoi

Il 4 Novembre 1966, dopo giorni di maltempo, si verifica una tremenda alluvione (in contemporanea di quella di Firenze) che distrugge buona parte dell’Agordino e di tutta la Provincia di Belluno: Cencenighe Agordino, Alleghe e Caprile, Agordo, Gosaldo e la Val Biois sono tra i luoghi più colpiti dall’alluvione. Nella borgata di Somor a Falcade si stacca un costone che sovrasta la frazione, causando 11 morti; la maggior parte delle strade sono spazzate via dalla furia dell’acqua; a Cencenighe Agordino, alla confluenza di Cordevole e Biois, la violenza dell’acqua distrugge il centro ed investe il cimitero trascinando via i poveri resti dei defunti; Alleghe è pericolosamente minacciata dall’acqua del lago. A Gosaldo, tra i tanti danni, viene distrutta la frazione di California e le miniere di Vallalta, già chiuse dal 1963 a seguito di un incidente che costò la vita a 3 dipendenti della miniera, vengono definitivamente abbandonate. La situazione è talmente grave da attirare l’attenzione dello Stato Italiano ed aiuti piovono da tutta Italia, anche se sarà ancora una volta la forza di volontà degli Agordini a rimportare, molti mesi dopo, la situazione alla normalità. L’Alluvione del 1966 è uno spartiacque importantissimo nella storia dell’Agordino: moltissime realtà economiche (Centro Minerario di Val Imperina, Centro Minerario di Vallalta, vari opifici su tutto il territorio) cessano per sempre di esistere, e il disastro modifica irreparabilmente il territorio.

Dettaglio della frazione di California come appare oggi dopo cinquant'anni di abbandono
Dettaglio della frazione di California come appare oggi dopo cinquant’anni di abbandono

Il 26 Agosto 1978 viene eletto Papa Giovanni Paolo I, al secolo Albino Luciani, nato nel 1912 a Canale d’Agordo (allora nota come Forno di Canale); il rivoluzionario papa agordino si rivela fin da subito una personalità scomoda per l’ambiente politico ed economico del periodo a causa di idee che mal si conciliano con la linea seguita dalla Chiesa Romana. Albino Luciani viene da subito soprannominato “Il Papa del Sorriso” e comincia ad attirare la simpatia del mondo; Patti Smith dedicherà al papa di Canale d’Agordo l’album Wave. Dopo soli 33 giorni di pontificato, Papa Giovanni Paolo I muore in circostanze mai chiarite definitivamente, alimentando la leggenda di un possibile coinvolgimento della Santa Sede nella morte del pontefice.

Nel 1985 Vittorino Cazzetta, grande appassionato ed esperto di montagna di Selva di Cadore, rinviene presso un grande masso situato sull’Altopiano di Mondeval i resti di un cacciatore preistorico sepolto li con il suo corredo funebre. Gli scavi archeologici sul sito vengono condotti dall’Università di Ferrara che porterà al recupero completo del cacciatore raccoglitore e dei suoi beni; gli esami scientifici condotti sulla salma individuano il Mesolitico (7500 anni fa) come età in cui visse il cacciatore, soprannominato semplicemente “Om de Mondeval” [Uomo di Mondeval]. Il ritrovamento di una salma così antica rivoluziona le teorie sulla presenza umana nelle Dolomiti; lo scheletro del cacciatore-raccoglitore ed i suoi beni, assieme al corredo ed a molti altri interessanti reperti sono oggi custoditi nel Museo Civico della Val Fiorentina “Vittorino Cazzetta” a Selva di Cadore.

La roccia di Mondeval sotto la quale giaceva la salma di Valmo

Nel 2009, la bellezza ed unicità delle Dolomiti viene premiata dall’inserimento dei sistemi nella lista dei Beni Patrimonio Naturale dell’Umanità dall’UNESCO; il riconoscimento premia anche l’Agordino, sul cui territorio si trovano completamente o parzialmente ben 4 dei 9 sistemi idenitificati dalla commissione (Pelmo-Croda da Lago, Marmolada, Pale di San Martino – San Lucano – Dolomiti Bellunesi – Vette Feltrine e Dolomiti Settentrionali).

Tra il 29 ed il 30 ottobre 2018 una violenta tempesta (che qualcuno a posteriori definirà, non senza ragione, “uragano”) e piogge fortissime danneggiano le vie di comunicazione, le linee telefoniche ed elettriche, alcune abitazioni ma soprattutto le foreste dei fondovalle; raffiche di vento furiose schiantano in terra interi boschi. Molte frazioni rimangono isolate ed in alcune si dovrà attendere più di un mese per il ripristino di acquedotti e delle linee elettriche. Anche in questa circostanza, emerge l’operosità degli Agordini, che si attivano subito dopo la tempesta per riaprire le strade, contenere la piena dei fiumi e cominciare lentamente a riportare tutto alla normalità. L’eccezionalità dell’evento, rinominato Tempesta Vaia, richiama l’attenzione dei media nazionali ed europei sui nostri piccoli villaggi delle Dolomiti; grande è la solidarietà di tutta la Penisola e gli aiuti che giungono copiosi.

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Le Dolomiti in Agordino