La Donaza e il Donazin
Leggenda di Rocca Pietore
La Donaza è una figura leggendaria legata alla tradizione popolare bellunese; come nell’analogo caso di Rivamonte Agordino, la versione rocchesana di questo personaggio è descritta come una vecchia arcigna e ripugnante, essenzialmente malvagia e spesso antropofaga, che non perde occasione per ledere agli uomini. L’avvistamento della creatura era sempre foriero di cattivi presagi; l’incontro con questa megera era sempre un avvenimento negativo ed estremamente pericoloso ed il solo nominarla è da sempre monito e spavento per i bambini capricciosi.
In questa versione di Rocca Pietore, la Donaza viene accompagnata dal figlio, il Donazìn; si tratta di un caso raro, in quanto nel folclore bellunese la strega appare normalmente da sola o in gruppo con altre compagne simili a lei.
Narra la leggenda che un boscaiolo di Rocca Pietore si trovasse al lavoro in una fitta selva ai piedi della Marmolada, intento ad aprire il tronco di un grosso albero appena abbattuto con i colpi della sua scure. Concentrato sul lavoro, il boscaiolo prestava poca attenzione a ciò che lo circondava, e per questo motivo non notò le due figure che, quatte quatte, gli si approssimavano alle spalle. Vibrando un colpo poderoso ed aprendo una fenditura nel grosso tronco, il boscaiolo ne appofittò per asciugarsi il sudore; fu allora che colse con la coda dell’occhio qualcosa e, voltatosi, vide a pochi passi da sé la terribile Donaza, accompagnata dall’altrettanto mostruoso Donazin, che lo guardavano sogghignando.
La fama di morte legata alla megera erano ben note al boscaiolo; era costui comunque un tipo molto scaltro, e pure in quei momenti di panico, fu in grado di avere un’idea per uscire dalla scomoda situazione. Il boscaiolo mostrò alla Donaza ed al mostruoso Donazin il grosso tronco sul quale stava lavorando, e chiese alle due creature, come ultimo desiderio, di volergli fare la cortesia di aiutarlo a finire il lavoro, anche solo per togliersi una piccola soddisfazione personale e lasciare questo mondo certo di aver portato a termine il suo lavoro. La Donaza, divertita da quello che le sembrò una stupida richiesta di un povero mortale, accettò questa piccola incombenza.
La megera e il figlio si disposero dunque attorno al tronco, uno da un lato, l’altra dall’altro, mentre con le mani mostruose nella fessura aperta dalla scure facevano forza tirando verso di sé per tenere aperto il varco e permettere al boscaiolo di vibrare gli ultimi colpi. Il boscaiolo invece fu pronto ad estrarre la scure dal legno, facendo richiudere di colpo il varco nel tronco ed imprigionando le mani dei mostri nell’inaspettata trappola. A questo punto, senza aspettare che i due avessero anche solo il tempo di provare a liberarsi, il boscaiolo spinse con tutte le forze il tronco verso il profondo dirupo esposto sul fondovalle; il tronco, rotolando, trascinò con sé madre e figlio, uccidendoli. Fu quindi l’astuzia del boscaiolo e l’arroganza della Donaza a salvarlo da una morte certa e terribile.